A cura di Rebecca Mieli

Meir Javedanfar è il fondatore dell’Iran – Israel Observer. E’ professore di Politiche Contemporanee in Iran presso l’Interdisciplinary Center (IDC) di Herzliya. Ha tenuto lezioni per funzionari e accademici provenienti da oltre 30 paesi sull’Iran. Meir è il coautore della prima biografia del Leader iraniano Mahmoud Ahmadinejad dal titolo “The Nuclear Sphinx of Tehran: Mahmoud Ahmadinejad e The State of Iran. Ha scritto e pubblicato più di cento analisi sull’Iran e sulle relazioni tra quest’ultimo e Israele per The Guardian, The Diplomat, The Atlantic, Al Monitor e Bloomberg. Meir ha lavorato come esperto presso “The U.N. Alliance of Civilizations – Global Experts Resource Project”. È inoltre membro e collaboratore del Gulf “ the Gulf 2000 Middle East Project” presso la School of International and Public Affairs della Columbia University.

Proteste interne.  Quale è la natura delle proteste ed il significato dietro ai disordini? Possiamo dire che nel lungo periodo queste proteste condurranno al crollo del regime? L’Iran potrebbe essere colpito dalla primavera araba? Un intervento dell’occidente a sostegno delle proteste sarebbe utile o controproducente?

E’ difficile generalizzare la natura delle proteste poiché ne abbiamo avute in sette città differenti. Le radici del problema sono economiche senza alcun dubbio, ma questo si riflette anche in una protesta di matrice politica. Un altro problema è che sotto questo regime dittatoriale la gente sente che la propria voce non è ascoltata. L’Iran è un paese pieno di corruzione, la burocrazia è inefficiente e la ragione più profonda delle proteste è proprio questo rallentamento dell’economia. Una causa ulteriore è quella che riguarda la limitazione delle libertà, che sfocia in proteste di tipo umanitario come quelle delle donne contro l’Hijab.  In questo ambito un intervento occidentale potrebbe essere controproducente, poiché la popolazione iraniana sente ancora bruciare la ferita di Mossadeq. Io credo che l’occidente dovrebbe solo condannare ciò che sta accadendo.

Un breve commento sul futuro della Guerra Siriana e quale sarebbe il ruolo che l’Iran vorrebbe attribuirsi dopo il conflitto.

L’Iran vuole rafforzare la sua posizione in Siria per creare una via di transito per armi e milizie sciite verso il mediterraneo. Questo corridoio di terra sotto il controllo dell’Iran risponderebbe a delle precise esigenza economiche dell’Iran, avendo quest’ultimo numerosi interessi nell’area siro-irachena. Il secondo obiettivo è quello di aprire un fronte contro Israele consolidando la posizione di Hezbollah.

Pasdaran (IRGC), cosa sono esattamente? Come possiamo focalizzarli all’interno del comparto di sicurezza? Si tratta di un corpo militare o più legato all’intelligence? Perché esistono ancora nonostante la rivoluzione sia una questione archiviata, per cosa combattono e con quali motivazioni?

Il lavoro del Corpo Delle Guardie Rivoluzionarie è quello di proteggere la rivoluzione, in quanto la convinzione che la rivoluzione islamica sia in pericolo è ancora molto sentita. Inizialmente era soltanto un corpo militare e di intelligence, ma negli anni novanta, dopo che Rafsanjani divenne presidente, hanno iniziato ad interessarsi al mondo dell’economia e degli affari. Vogliono ancora difendere l’Iran dalle minacce convenzionali esterne, ma adesso lavorano anche contro la minaccia dell’intromissione americana. Sono fermamente convinti che gli Stati Uniti attraverso il soft power stiano cercando di influenzare la società e di rovesciare il regime. Il progetto del corridoio sciita è funzionale all’obiettivo di proteggere la rivoluzione. Da cosa? Dalla presenza statunitense in Iraq, Afghanistan e nel Golfo Persico, che, dal loro punto di vista, è perfettamente collegata alla volontà statunitense di ribaltare il regime. Di conseguenza, anche gli alleati statunitensi nell’area sono nemici, specialmente Arabia Saudita e Israele. Nonostante nel passato Israele abbia sostenuto l’Iran anche in maniera diretta con il supporto militare e logistico, la convinzione che Israele rappresenti una minaccia in quanto strumento di Hardpower e Softpower nelle mani degli Stati Uniti è ancora molto radicata nell’élite del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie.

Secondo quanto appreso dalla sua esperienza, l’Iran ha intenzione di acquisire una capacità militare nucleare nel lungo periodo? Se si, cosa li spinge?

Il nucleare è un’opzione che l’Iran vuole avere. Adesso è un paese sotto ispezioni quindi non è così facile riprendere gli sviluppi. Certamente può essere considerato una risposta alla presenza di stati militarmente nucleari nel Medio Oriente, ad esempio il Pakistan.

Da un punto di vista interno, come ha influito l’accordo del p5+1 e come influirebbe eventualmente una svalutazione dell’accordo da parte di Donald Trump?

L’accordo sul nucleare iraniano avrebbe potuto far ripartire l’economia. Purtroppo, l’altissimo livello di corruzione del paese non ha permesso che questo accadesse. La lenta burocrazia, gli sprechi, e l’inefficienza del regime in questo ambito hanno avuto delle gravi conseguenze. Se Trump svalutasse l’accordo sul nucleare non sarebbe certamente una buona notizia, qualora venissero imposte altre clausole e sanzioni l’Iran potrebbe decidere di uscirne e riprendere a sviluppare autonomamente il progetto nucleare. In ogni caso sarebbe molto difficile riuscire a negoziare nuovamente un accordo, considerando quanto è stato difficile che le parti si accordassero con questo.

Qualche giorno fa Danny Danon, Ambasciatore Israeliano presso l’ONU ha dichiarato che l’Iran controlla attualmente 82.000 combattenti in Siria (almeno 3000 uomini del corpo delle Guardie Rivoluzionarie, 9000 di Hezbollah, 10.000 miliziani reclutati tra Afghanistan, Pakistan e Iraq e 60.000 uomini Siriani) e che almeno35 miliardi di dollari l’anno vengono spesi nell’addestramento dell’armata Siro/Iraniana, più 23 miliardi di dollari in armi e missili. Dal 2015, anno della firma del p 5 + 1 (o accordo sul nucleare iraniano), la spesa militare iraniana è aumentata del 17%. Come può commentare questi numeri, alla luce della rivalità tra Iran e Israele, quali sono i rischi di una destabilizzazione del confine tra Siria e Israele?(http://www.jpost.com/Middle-East/Iran-News/Danon-Iran-currently-controls-82-thousand-fighters-in-Syria-539844)

35 miliardi sono molti, forse troppi, non mi fido molto di questo numero. Chiaramente la situazione tra Iran e Israele sta diventando sempre più instabile e questo lo dobbiamo al tentativo dell’Iran di costruire delle roccaforti in Siria.

Iran e Russia rapporti durante e dopo la guerra siriana. Secondo l’ex ambasciatore Israeliano a Mosca Zvi Magen, Russia e Iran hanno condiviso in Siria obiettivi di breve periodo, ma ci sono delle divergenze di fondo sugli obiettivi di lungo periodo. Secondo lei è vero quanto detto da Magen e, se si, come si potranno caratterizzare in futuro i rapporti tra Russia e Iran circa il futuro della Siria?

L’Iran è isolato dagli Stati Uniti, quindi chiaramente si dirige verso la Russia.  Iran e Russia hanno certamente molteplici accordi di cooperazione economica, strategica e militare, ma allo stesso tempo la definirei una relazione di “mutuo sospetto”, ovvero un’alleanza necessaria per alcuni obiettivi che però costringe entrambi gli attori a non fidarsi completamente dell’altro. L’Iran sa perfettamente che la Russia ha buone relazioni sia con Israele che con i Sauditi, e adesso anche con gli Stati Uniti, questo comporterà una crisi nel futuro dei rapporti, o comunque un raffreddamento generale.

Netanyahu ieri era a Mosca per un incontro con Putin. Certamente si è parlato dell’Iran, del futuro della Siria, e dell’accordo nucleare.

” Netanyahu said. “Israel views with severity two developments. One, the attempts by Iran to base itself militarily in Syria and the second, Iran’s attempt to produce in Lebanon accurate weapons against the state of Israel. I made it clear to him that we will not agree to any of those developments and we will act accordingly.”

Secondo lei è possibile un accordo interno tra Iran, Siria e Russia che possa essere soddisfacente anche per le esigenze di sicurezza di Israele?

Dipende. Quanti soldati iraniani e milizie sciite arriveranno in Siria? Quanto vicino al confine con Israele si stabiliranno? Che tipo di armi riempiranno il flusso destinato a giungere in Libano? La loro presenza è considerata una minaccia. Putin e Netanyahu hanno mantenuto buoni rapporti e si incontrano spesso per discutere della questione Siriana, quindi dobbiamo solo stare a guardare.

L’Iran è un paese che si prefigge di essere interlocutore a livello internazionale (specialmente europeo) in ambito multidisciplinare (ricerca, commercio.). In particolare l’idea che esista una giustizia islamica, un tribunale religioso, contrasta i valori europei con cui l’Iran desidera cooperare da sempre. Come si può concepire un paese con mire di cooperazione internazionale ancorato alla prevalenza della legge islamica? 

Il problema qui è che l’Iran vuole davvero cooperare a livello internazionale e nell’ambito della ricerca, eppure è spaventato da come gli Stati Uniti potrebbero inserirsi all’interno di questi ambiti per destabilizzare l’Iran dall’interno.  Cooperare più apertamente soprattutto con l’occidente significa aprire le porte ad una potente influenza statunitense, ed è qui che interviene la fobia di essere “spiati”.

Nel corso delle mie ricerche ho elaborato questa teoria: le aspirazioni egemoniche e di destabilizzazione dell’Iran hanno un duplice obiettivo. In primo luogo economico, poiché se si creasse un cordone sciita partendo dall’Iran e arrivando al Libano, aumenterebbe il mercato delle armi (con tutta la logistica) e il flusso di militari. Il secondo è quello di acquisire prestigio in politica estera per rispondere alla debolezza del regime in politica intera? Può essere un paradigma valido?

Si, giustissimo. L’Iran vuole giocare da protagonista nella regione e essere considerato una superpotenza mondiale. L’obiettivo del corridoio sciita è affermare la propria supremazia tra gli attori della regione e in più dimostrare agli Stati Uniti che l’Iran gode di un consenso importante e che si sta consolidando come una superpotenza. La Repubblica Teocratica vuole dire agli Stati Uniti: “Noi siamo forti, abbiamo molta influenza e dunque non potete rovesciarci, né far fallire la rivoluzione. Se ci provate, noi metteremo a rischio la sicurezza dei vostri alleati”.

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