L’attività di analisi, propria della fase di elaborazione del ciclo informativo, è inevitabilmente soggetta ad alcuni fattori che, direttamente o indirettamente, ne potrebbero influenzare il risultato finale. In primo luogo il fattore umano dovuto al fatto che l’analista non ha piena coscienza dell’operazione altamente complessa che si nasconde dietro il “pensiero”, l’attività cognitiva umana, ignorando che questo è spesso caratterizzato da pregiudizi e debolezze (bias cognitivi).

Altro aspetto da considerare è la “memoria” , ovvero la capacità di immagazzinare enormi quantità di dati che dovranno essere poi correlati, intrecciati e messi in relazione tra loro in modo da formare un giudizio, generare ipotesi che possano riempire il vuoto di conoscenza che l’analista è solitamente chiamato a colmare.

Non meno importante è la capacità di “rappresentazione” e sintesi delle informazioni che devono essere elaborate e che è opportuno che l’analista abbia sempre “sottocchio”.

Secondo Richards J. Heuer, psicologo ed ex Analista della CIA autore del famoso testo “Psychology of Intelligence Analysis”, per far fronte alla complessità della realtà, la mente dell’uomo deve necessariamente ridurla in schemi per poterla semplificare e comprendere.


 

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