Il fenomeno geopolitico dello Stato Islamico ha radicalmente modificato gli assetti geopolitici dell’area mediorientale. Esperti, parlano della fine del “periodo Sykes-Pikot”, ovvero il periodo successivo alla prima guerra mondiale, caratterizzato da una spartizione del Medioriente in zone di influenza. Parlare di confini sovrani e di attori stabili nel complesso scenario scaturito a seguito delle primavere arabe non rispecchierebbe, a dire di molti, la situazione corrente.

Le milizie curde dei Peshmerga e dell’ YPG (People’s protection Units) sono tra forze militari che più hanno combattuto sul campo i soldati dello Stato Islamico, subendo anche forzi sconfitte e perdite, soprattutto nella prima fase del conflitto. Il ruolo di questi assetti paramilitari è così importante che la Casa Bianca ne ha recentemente formalizzato il proprio appoggio in termini economici e d’equipaggiamento.

Molto si è dibattuto sui motivi dietro alla scesa in campo di questi attori. Sicuramente, una ragione di necessità di sopravvivenza la si poteva giustificare nei primi anni del conflitto, quando l’avanzata imponente dello Stato Islamico aveva minacciato le città curde nel nord dell’Iraq ed della Siria. Una teoria, però, che non rispecchierebbe l’attuale corso degli eventi. Questi ultimi ci spingono a guardare oltre il mero interesse di sicurezza immediata, viste le già pensanti sconfitte subite dal Califfato che ha perso più di metà del proprio territorio in pochi mesi. Questa situazione geopolitica porta a intravedere un interesse più radicato e profondo: un’aspirazione di riconoscimento internazionale, nel quadro di richiesta di indipendenza nazionale. In questo quadro di Raison d’état è interessante prendere in considerazione la “gerarchia dei bisogni o necessità” di Abraham Maslow. Maslow riporta come ultimo gradino della piramide, dopo la sopravvivenza e il bisogno di sicurezza, l’importanza di realizzazione di sé stessi e di prestigio. Traslitterato in termini geopolitici, la necessità di riconoscimento internazionale.

In quest’ottica, la crisi siriana risulta un’opportunità geopolitica fondamentale per la popolazione curda, che attualmente si trova suddivisa tra quattro importanti Stati mediorientali (Iran, Turchia, Siria ed Iraq). L’obiettivo ultimo è il poter reiterare la volontà di formare un indipendente stato del Kurdistan. Il ruolo giocato dalle milizie curde nell’attuale conflitto e la loro sempre maggiore indipendenza in termini economici e militari dai paesi d’appartenenza fa presagire un futuro deterioramento della situazione mediorientale, anche a seguito alla caduta e smantellamento dello Stato Islamico. La possibilità che realmente si vada a formare uno stato autonomo e sovrano rimane, nonostante tutto, fortemente improbabile.

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