Il fine dell’intelligence consiste nel ridurre il grado di incertezza, il vuoto di conoscenza, in relazione ad uno specifico problema fornendo al Decisore gli elementi utili affinché questi possa prendere una decisione ed intraprendere le azioni che favoriranno il conseguimento dei propri obiettivi. Il contributo delle Agenzie di intelligence viene fornito loro per mezzo di un prodotto frutto di un rigoroso processo analitico che, attraverso la valutazione delle capacità e delle intenzioni dell’opponente, porta a prevederne azioni e finalità diminuendo i rischi, evitando la sorpresa ed aumentando, quindi, le probabilità di successo.

Secondo Richards J. Heuer, psicologo ed ex Analista della CIA autore del famoso testo “Psychology of Intelligence Analysis”, l’attività di analisi è inevitabilmente soggetta ad alcuni fattori che, direttamente o indirettamente, ne influenzano il risultato finale. In primo luogo il fattore umano dovuto al fatto che l’analista non ha piena coscienza della complessità dell’attività cognitiva umana, del pensare, ignorando che questa è spesso caratterizzata da pregiudizi e debolezze (bias cognitivi). Per far fronte alla complessità della realtà, la mente dell’uomo deve necessariamente ridurla in schemi per poterla semplificare e comprendere costruendo, di fatto, una realtà “personale” che filtra la “vera realtà” in base agli schemi mentali ed ai “settaggi” (mindset) che si sono venuti a creare nella propria mente con l’educazione, la cultura, i valori e l’esperienza acquisita nel tempo.

 

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