La guerra in Siria era iniziata nel 2011, come una richiesta di aiuto, soprattutto di acqua e cibo e di libertà; con il passare delle settimane è poi diventata una causa politica, la questione religiosa si è sovrapposta alle complessità etniche e la guerra si è complicata con l’intervento, il coinvolgimento e gli interessi di gruppi terroristici che hanno visto nel caos creatosi in Siria un’opportunità da sfruttare per raggiungere altri scopi, anche con il sostegno di altri Paesi che, a loro volta, hanno tentato di tutelare diversi e contrastanti interessi geopolitici ed economici.
Il coinvolgimento dei gruppi jihadisti, siriani e stranieri, disposti e pronti a fornire il proprio supporto ai ribelli nella Guerra siriana, è stato costante, sin dall’inizio, e crescente. Sin dal 2011 diversi gruppi islamisti si sono stabiliti a Damasco e nella parte settentrionale del Paese; lo Stato Islamico dell’Iraq (ISI) ha deciso, sin da subito, di stabilire una propria base operativa in Siria, mentre il gruppo Syrian Muslim Brotherhood ha ufficialmente dichiarato il proprio supporto alla rivoluzione sin dai primi giorni.
Dopo qualche mese dallo scoppio delle prime rivolte Assad aveva deciso di rilasciare centinaia di prigionieri politici ed islamisti, attraverso la concessione di amnistie presidenziali; subito dopo, la rivoluzione siriana veniva considerata, dal regime, il risultato di una cospirazione straniera e veniva definita estremista.
L’Esercito Siriano Libero o Free Syria Armi (FSA), male organizzato, con poche armi e pochi finanziamenti, già nel 2012 ha cominciato a ricevere il supporto di un certo numero di foreign fighters, provenienti in particolare da Iraq e Libano, assieme a quello di diversi gruppi di jihadisti. È infatti in quell’anno che il leader di al-Qaeda, Ayman al-Zawahiri, rivolge un appello pubblico a tutti i musulmani in Turchia, Iraq, Giordania e Libano affinché’ fossero pronti ad aiutare i propri fratelli in Syria.
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