Per comprendere gli eventi della società contemporanea è necessario anzitutto concepire quest’ultima come una società socio-tecnica, nella quale i tradizionali meccanismi storici, sociali e politici si intrecciano inestricabilmente con i progressi della tecnica e della tecnologia. Per quanto impetuoso difatti, il progresso tecnologico porta con sé la peculiarità di far passare inosservati, mascherandoli, i profondi cambiamenti sociali che ne sono diretta o indiretta conseguenza. Questi passano in secondo piano in favore delle sensazionali e sempre nuove proposte hi-tech, dalle Self-driving cars all’Internet of Things all’ultimo super potente modello smartphone. Eppure oggi ci ritroviamo a vivere un mondo fortemente dipendente da processi che non conosciamo, da “algoritmi” di cui i dispositivi citati sopra ne sono unicamente i ricettori, che influenzano e in alcuni casi determinano le scelte di individui e organizzazioni. Questi processi prosperano pressoché indisturbati soprattutto grazie alla mancanza di conoscenze tecniche dei cittadini, e continueranno a farlo fino a quando questa mancanza non verrà colmata con un’alfabetizzazione tecnologica di base. Tale condizione sancisce la necessità di allargare il dibattito sulle tecnologie informatiche, e in particolar modo sulla sicurezza informatica, al di fuori dagli ambienti tecnici coinvolgendo gli ambiti di studio e applicazione legali, politici, psicologici e sociologici. Una delle conseguenze di questo modello di società è la rilevanza sempre maggiore che concetti come quello di sicurezza nazionale e cultura dell’intelligence stanno avendo anche nella società civile e nel dibattito pubblico, proprio per via della vulnerabilità del sistema dovuta al rapidissimo diffondersi di metodi di gestione informatizzati sia nelle amministrazioni pubbliche sia nelle organizzazioni. L’ennesimo evento che ha riportato all’attenzione queste vulnerabilità insieme ad una lunghissima serie di implicazioni politiche e legali, è il recente caso dei leaks sulla CIA, diffusi da Wikileaks. Il caso, ampiamente affrontato da tutti i media del mondo, non ha suscitato lo scalpore che si sarebbe immaginato qualche anno fa. Sia per il fatto che il Datagate di Snowden ha in qualche modo aperto la strada a questo genere di rivelazioni, sia perché è accaduto sulla cresta di un’onda mediatica che rilancia costantemente sulle questioni della privacy e della sicurezza relative ai dispositivi hi-tech. Ciononostante il discorso tecno-politico più ampio all’interno del quale si ascrive il caso dei leaks della CIA passa quasi del tutto inosservato, ovvero quello della segretezza delle vulnerabilità e della loro contemporanea riscoperta.
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