Nel periodo antecedente la guerra del Golfo del 1990-91, l’Italia costituiva il quarto partner commerciale dell’Iraq. A seguito dell’intervento della comunità internazionale per respingere l’invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein, sanzioni economiche contro il regime Bahatista furono implementate da Stati Uniti ed alleati, Italia inclusa. Ma l’occhio delle imprese italiane, specialmente nel settore energetico, compagnie energetiche occidentali non ha mai smesso di guardare all’Iraq come ad una vera e propria miniera d’oro, oro nero. La massiccia presenza e sfruttamento del petrolio nel paese era già da tempo constatata ma, anche per via delle sanzioni economiche, presentava ingenti margini di incremento. Proprio la fase immediatamente successiva alla Guerra del Golfo, caratterizzata dalla missione UNIKOM (United Nations Iraq-Kuwait Observation Mission) istituita dalla ris. 689 del Consiglio di Sicurezza ONU il 9 Aprile 1991, costituiva l’albore della presenza italiana in Iraq. UNIKOM prevedeva inizialmente il monitoraggio della fascia smilitarizzata tra Iraq e Kuwait e, sebbene il contributo italiano si limitasse alla presenza sul campo di un solo osservatore militare, l’interesse e partecipazione da parte dell’Italia può essere identificata come il primo, simbolico passo verso un ruolo progressivamente più determinante per il presente e il futuro del paese. Si riporta infatti che, nel 1997, Eni lavorò intensamente ad un accordo con Saddam per lo sfruttamento del petrolio iracheno, reso a quel tempo impossibile dalla pretesa, da parte del dittatore, di annullamento definitivo delle sanzioni economiche. Per concretizzare le proprie ambizioni in Iraq, l’Italia dovrà quindi attendere la caduta del regime Bahatista in Iraq. L’occasione si presentò 6 anni dopo, con l’invasione americana del 2003…